domenica 9 agosto 2015

Moduli avventura: Canovaccio vs Dettagli

Leggendo l’ultimo articolo dello Shamano sulle due versioni de Il Palazzo della principessa d’Argento, mi è venuto da pensare a che tipo di moduli avventura io preferisca: se i canovacci vecchio stile o le campagne dettagliate che si scrivono adesso, ad esempio per Pathfinder.

Ricordo che un tempo odiavo trovare tanti buchi nei moduli che acquistavo, perché mi costringevano a fare del lavoro extra per riempirli; infatti adoravo i moduletti di Uno Sguardo nel Buio, in cui era scritto tutto! Questo, però, è possibile unicamente per una breve avventura; se lo fai per una campagna vengono fuori dei megamoduli come L’Alba dei Re e simili. E onestamente non è che magari uno c’ha sempre voglia di sciropparsi dei tomi del genere (a meno di non farlo per piacere personale), perché il rapporto “ore trascorse a leggerli” rispetto alle ore giocate non è matematicamente conveniente, e anche perché alla fine non è che uno può sempre ricordarsi tutti sti dettagli (bhe, magari quello è solo un mio problema, che ho scarsa memoria e difficoltà a ritrovare le informazioni che mi servono durante la sessione).

Perciò negli ultimi anni ho avuto un’inversione di tendenza e prediligo i canovacci. Anche perché ho imparato a padroneggiare le tecniche narrativa che un master giovane o alle prime armi non padroneggia. Però voglio precisare che per “buon canovaccio” io intendo una trama che ti permette di spaziare durante la partita, non che ti costringe a preparare altro materiale pre-partita! Esempio (tratto da un’avventura che stavo scrivendo stamattina):

La nave dei personaggi fa tappa su un’isola per fare rifornimento. Una ladra avvicina i PG e tenta di carpire informazioni sulla natura del carico. Se i nostri non riescono a depistarla, lei cerca di salire a bordo per rubare le preziose carte di navigazione, dopodiché fugge nel bosco, dove vive assieme ad altri brutti ceffi.

Ecco, a mio avviso queste sono tre righe abbozzate su cui il GM può facilmente ricamare, durante la partita, oppure buttarle, se le azioni dei PG spingono verso un’altra direzione. Se invece fossi sceso più nello specifico, avrei appesantito il modulo con un sacco di dettagli che magari non sarebbero stati neppure utilizzati. Ma se invece avessi scritto così:

La nave dei personaggi fa tappa su un’isola per fare rifornimento. Qua i nostri vengono a conoscenza di una vecchia storia, che riguarda il fantasma di una giovane donna suicidatasi sulla scogliera settentrionale, e che da allora infesta quei luoghi.

Ecco, e quindi? Qua ci sarebbe un sacco di materiale da preparare previamente, e questo non va bene. Capito il concetto? Un buon canovaccio è una storia su cui non devi mettere mano prima di iniziare (se non vuoi), ma su cui puoi spaziare durante la partita.

In questo discorso rientrano ovviamente le statistiche degli avversari e i tesori! Fortunatamente, con tre Bestiari e il PNG Codex tradotti in italiano, la possibilità di scrivere semplicemente che i brutti ceffi sono combattenti di secondo livello (specificando la pagina dove andare a recuperare le loro statistiche) non manca.

I nomi e un paio di tratti dei PNG principali sarebbero auspicabili, sebbene il Buon Master abbia sempre pronta una lista di nomi e tratti da utilizzare. J Per il resto non so… Quando avrò completato quest’avventura iniziata stamattina (se non mi passa la voglia prima) la posterò e farò qualche considerazione aggiuntiva!

venerdì 5 giugno 2015

Modi di giocare

Stavo pensando alle storie che raccontiamo tramite i giochi di ruolo; precisamente al modo che abbiamo di raccontarle. Credo che ogni gruppo abbia il suo modo peculiare di giocare e raccontare; per questo motivo se un completo neofita vi chiedesse cos’è un gioco di ruolo, scommetto che ciascuno di voi darebbe una definizione differente.

Ieri sera questa domanda mi è stata fatta da un’amica, che però aveva già assistito a una partita in passato (di persone che non conosco). In verità la sua è stata una domanda abbastanza inusuale, perché accompagnata dalla seguente considerazione: “Non capisco come faccia a essere così famoso [riferito a D&D] e perché venga chiamato ‘gioco’. A me sembra più una fiaba interattiva”. Ci tengo a precisare che non l’ha detto con scherno, ma proprio nel significato letterale delle sue parole: come è possibile che una cosa tanto semplice come una favola interattiva, che qualsiasi nonna è in grado di raccontare, abbia riscosso tanto successo al punto da essere commercializzata come ‘gioco’?

Da quel che ho capito, la partita a cui la mia amica ha assistito era gestita da un master molto “narratore”, di quelli con cui ti augureresti di giocare a Il Richiamo di Cthulhu. Un rail-roader da paura, se mi passate il bonario sarcasmo. Tuttavia anche un’esperienza ludica di quel tipo, che personalmente non apprezzo in maniera particolare (forse anche perché non ho mai incontrato 'sti master narratori con gli stracazzi), rientra nel ‘giocare di ruolo’, e potrebbe risultare appagante, dopotutto. Senza poi addentrarci nella disamina di uno stile di gioco (quello appena descritto) ad alto rischio di disfunzionalità, vogliamo semplicemente parlare della differenza tra uno stile hack’n slash e uno narrativo/new wave? Come spiegare a un neofita, in poche parole, che ci sono diversi modi di giocare di ruolo? Io le ho risposto esattamente così: che ci sono tanti modi di giocare, ma che la definizione ‘favola interattiva’ è tra quelle calzanti per descrivere l’esperienza.

Addirittura un altro mio amico le ha risposto che giocare di ruolo è fondamentalmente un sistema per poter sparare cazzate insieme; più o meno esilaranti a seconda delle persone sedute al tavolo. Definizione, questa, che i puristi etichetterebbero negativamente come Zichi Play, ma che, per mia esperienza, non solo rientra anch’essa nell’universo del giocare di ruolo, ma può essere anch’essa molto divertente (e parlo per esperienza).

Questo dialogo avuto ieri sera (piuttosto breve, in verità), mi porta oggi a fare due riflessioni.

La prima ruota appunto attorno alla definizione di ‘favola interattiva’, che se non ricordo male andava abbastanza di moda negli anni 90, ma che poi, essendo rimasta associata al narrativismo/rail-roading dei giochi della White Wolf, è stata abbandonata. La mia amica, raccontandomi della partita a cui aveva assistito, è riuscita a trasmettermi una suggestione alquanto positiva. Mi ha raccontato di un’atmosfera orrorifica e carica di tensione, di corvi che in realtà erano persone morte, di una lingua arcana e sconosciuta perfettamente credibile, di mani scheletriche ritrovate sul fondo di un pozzo. Mi ha fatto venir voglia di cercare un master narratore con gli stracazzi e provare quel genere di esperienza.

Scartabellando nel mio hard disk, oggi, mi è capitata tra le mani una mini-avventura per D&D proprio di quel tipo (rail-roading schietto potenzialmente carico di patos). Si intitola “Il Tempo del Ritorno”; non so chi ne sia l’autore. Ci sono anche i corvi, nella trama!! Magari ne farò una conversione per Pathfinder, prossimamente (mettiamolo in lista, tra i mille progetti che ho in mente di realizzare). E lo infilerò nella categoria ‘favola interattiva’, che si aggiunge, assieme al gioco di tipo investigativo di cui ho parlato nel post precedente, ai 100 modi di preparare un’avventura, di cui parlavo l’anno scorso.

La seconda riflessione riguarda sempre i diversi stili di gioco, ma stavolta non nel senso di “preparazione a monte”, quanto proprio di “stile & approccio”. Sto parlando, in pratica, di quanto descritto nel sottocapitolo Dungeon Master, alle pagine 12 e 13 del Manuale del Dungeon Master di D&D, quarta edizione. Riguardando quel capitoletto mi sono chiesto qual è lo stile con cui io masterizzo. Vediamo un po’:
  • Crudo vs Cinematografico = se per crudo si intende ‘realistico’, direi che ho uno stile cinematografico, con descrizioni gore alla Kill Bill e salti mortali in stile ‘film di Hong Kong’
  • Fantasy medievale vs Anacronistico = anacronistico, sicuramente (anche perché non sono così ferrato di cultura medievale); senza finire negli eccessi di film come “Hansel & Gretel cacciatori di streghe”, però!
  • Ridicolo vs Serio = ridicolo, mio malgrado; tuttavia non credo che questo possa essere definito uno “stile del DM”, quanto piuttosto uno “stile del gruppo di gioco”; quando gioco col mio gruppo nerd, infatti, sono meno ridicolo che quando gioco col gruppo dei non nerd
  • Spensierato vs Teso = dipende, ma i momenti di tensione, quando i PG rischiano la pellaccia, ci sono eccome!
  • Audace vs Prudente = non capisco bene cosa si intenda, ma raramente ho paura di infilarmi in situazioni problematiche (a rischio Total Party Kill, per intenderci) quando masterizzo
  • Pianificato vs Improvvisato = dipende da a cosa sto giocando, ovviamente: sono in grado di spaziare senza problema tra i due stili
  • Generico vs Tematico = a me piacerebbe fare campagne tematiche, ma al di fuori di piccole avventure circoscritte, finisco sempre per spaziare tra i generi
  • Moralmente ambiguo vs Eroico = c’è un solo giocatore, nel mio gruppo B, a cui piacerebbe giocare in stile eroico; con tutti gli altri sarebbe una causa persa anche solo provarci!
Sempre nello stesso sottocapitolo viene poi trattata la distinzione tra due tipi di gioco: campagna o avventure singole. Volendo ampliare questa distinzione “strutturale” ad altri giochi oltre D&D, potremmo parlare di avventure singole concatenate e di avventure singole autoconclusive.

Le avventure singole autoconclusive, alla fine delle quali, cioè, abbandoni i personaggi, secondo me rendono bene solo con i giochi new wave. Trovo che un’avventura di questo tipo abbia senso unicamente se storia e personaggi sono strettamente legati tra loro; al contrario una storia che può essere vissuta da un qualsiasi gruppo di avventurieri, bhe, che senso ha se poi, alla partita successiva, dovrai cambiare personaggio? So che esistono diversi moduli-avventura tradizionali, principalmente studiati per i tornei, in cui si usano personaggi pregenerati i cui background personali sono vagamente collegati alla trama che si andrà a giocare, ma mi sembra di aver capito che lì lo scopo, più che narrare una storia, sia quello di raggiungere un certo numero di traguardi. Mai provati. Però, ora che ci penso, può essere anche quello un modo di giocare di ruolo… Ok, lo aggiungo alla lista!

Le campagne sono quelle preferite dalla maggior parte dei giocatori, credo. Si svolgono in un mondo ben definito, o quantomeno in una parte di mondo, che tipicamente viene svelato a poco a poco. Generalmente necessitano di una bella preparazione, da parte del GM! Per fortuna che esistono le campagne pronte all’uso, in commercio.

Le avventure singole concatenate sono le mie preferite, lo ammetto. Sia perché ti permettono di interrompere quando vuoi e riprendere in seguito senza grossi problemi, sia perché ti permettono di spaziare tra i generi quando ti sei rotto le scatole della solita minestra, sia perché ti permettono di far entrare e/o uscire personaggi senza doverti inventare qualche artificio narrativo che risulta regolarmente artefatto. Volendo non necessitano neppure di un’ambientazione particolare (anche se io sono un fan della mappe da riempire, alla Trollbabe). Ah, e poi hanno anche il vantaggio che puoi coinvolgere i giocatori nella scelta della trama, offrendo loro delle sinossi, come ho fatto io l’anno scorso col mio gruppo B.


Bene, che altro dire? Il mio momento di evasione, scrivendo questo articolo, l’ho avuto anche oggi… Ci sentiamo alla prossima!


EDIT: prosegue qui.

giovedì 4 giugno 2015

Qualche riflessione su Pathfinder

Come ogni appassionato di giochi di ruolo della vecchia guardia (che probabilmente è l’unica guardia esistente) – o meglio: come ogni master della vecchia guardia! – ho sempre cercato, tramite house rules, drift e creazioni ex novo, di ottenere l’essenza del gdr, quello definitivo, quello che, finalmente, avrebbe appagato le mie aspettative. In metafora, tutti abbiamo cercato Shangri-La, ma Shangri-La non esiste, è solo un mito.

Nell’ultimo decennio il mondo dei gdr ha fatto, a mio avviso, un salto in avanti, con l’arrivo dei giochi new wave. Ma il fascino dei tradizionali, come dicevo in altri post, è rimasto, per molti, tra cui me.

Parlando di tradizionali, i due sistemi che maggiormente mi affascinano, ora come ora, sono Savage Worlds e Pathfinder (o meglio, il d20 system). Quando ho scoperto Savage Worlds mi sono detto: “cazzo, ecco finalmente un sistema divertente e giocabile! Basta con i manualoni alti tre dita e infarciti di algoritmi!”. Il primo dei due gruppi di giocatori a cui masterizzo (“gruppo A”, o “gruppo dei non-nerd”) lo ha apprezzato a sua volta, e ci siamo divertiti con esso l’anno passato. Poi, però, ho avuto occasione di riprovare Pathfinder con il “gruppo B” (o “gruppo nerd”), utilizzando una campagna preconfezionata (“Alba dei Re”), e lì c’è stata la rivelazione: anche Pathfinder è giocabilissimo!

Il punto, ovviamente, è che Pathfinder è un gioco per appassionati, per gente che conosce le regole e non ha alcun problema a gestire il proprio personaggio in autonomia, senza dover interpellare il master ogni due per tre. Il punto è che il master stesso se lo deve essere studiato il sistema (ma questo, in verità, anche con Savage Worlds; semplicemente Pathfinder ha una mole di regole superiore). Il punto è che avere una campagna già pronta – e ben fatta, non come i moduli di avventura degli anni 80(*) – è quasi fondamentale. Questi sono i punti focali, a mio avviso, per poter apprezzare veramente un gioco come Pathfinder.

Poi, naturalmente, le conoscenze apportate dall’avvento dei gdr new wave sono state fondamentali per godersi appieno l’esperienza ludica. Ho fatto giocare il gruppo B a Non Cedere al Sonno, a Polaris e ad altri per scrostarli dalla mentalità derivante da una vita passata a giocare a Vampiri; alla fine siamo diventati tutti più consapevoli di cosa poteva offrirci l’esperienza di un gdr tradizionale e ce lo siamo goduti molto di più.

Sto abbandonando l’idea di driftare e rimaneggiare, in cerca della mitica Shangri-La. Credo proprio che quello che stavo cercando sia già qui: bisogna solo capire come usarlo.

Detto questo, voglio parlare di un aspetto dei tradizionali – ma in particolare di D&D/Pathfinder – che forse non viene sempre compreso dai giocatori, ma che ogni master conosce benissimo: la soddisfazione del creare mondi! Si tratta di un aspetto che nei new wave praticamente non esiste, e che un sistema come Pathfinder appaga appieno, con i suoi manuali alti tre dita.

Chiunque tenga un blog sui giochi di ruolo, come questo, sa benissimo di cosa sto parlando. È come la passione per i modellini, solo che invece di assemblare un veliero con assicelle di legno e colla, a noi piace assemblare un mondo fantastico con immaginazione e inchiostro (o meglio bit, al giorno d’oggi). Che poi questi mondi vengano utilizzati per giocare oppure no, bhe, non è fondamentale (anche se può dare soddisfazione ed essere un incentivo a scrivere); il modellino del veliero, una volta finito, rimane su un mobile per essere ammirato, mica lo si mette in acqua, no?


Avendo la fortuna di avere una casa grande, mi sono allestito uno spazio con scrivania, computer portatile, stampante, cancelleria, una sedia comoda e una libreria piena di manuali: uno spazio dove dedicarmi al mio “hobby” ogni volta che ho bisogno di evasione. Avere ben chiaro cosa ci piace e cosa si sta facendo migliora la vita, non trovate?

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(*) In verità non è che i moduli degli anni 80 fossero necessariamente malfatti, è che spesso erano sbilanciati, o più esattamente seguivano una differente filosofia. Ci sono molti articoli sulla “Vecchia Scuola” in rete (digitate “OSR” su google); se non sapete nulla in proposito vi consiglio di andarvene a leggere qualcuno, sono interessanti. Più aspetti conosciamo del nostro hobby, più ci divertiremo con esso!

domenica 31 maggio 2015

Giocare investigativo (Il Sigillo del Serpente)

Scartabellando tra i miei file mi sono reso conto di aver scritto un articolo che non ho mai pubblicato sul blog. E' un po' dissacrante (chiedo scusa all'autore del modulo-avventura di cui parlo, nel caso dovesse leggere questo post: alle volte mi faccio prendere la mano), ma abbastanza interessante, mi pare, perciò ve lo ripropongo adesso.

Siccome ultimamente mi sta venendo voglia di fare qualche conversione di vecchie avventure per Pathfinder (sistema che sto tornando ad apprezzare; a breve vi parlerò di come è andata la prima parte della campagna "Alba dei Re", giocata col mio gruppo nerd), è probabile che sceglierò proprio "Il Sigillo del Serpente" come primo esperimento.

Detto questo, vi lascio alla lettura di questo, uhm, tesoro dissepolto:

***

Non mi sono mai piaciute le avventure investigative. Le ho sempre vissute come della gran fuffa, come un rail-roading peggiore del solito.

Per mia esperienza i casi sono due: o l’avventura presenta una serie di indizi/agganci talmente ovvi e sequenziali da annoiare a morte, oppure si tratta di un vero mistero in cui, più che investigare, bisogna attendere che il master faccia scattare gli eventi previsti per poter arrivare alla soluzione (il che è anche frustrante, oltre che noioso).

Come raccontavo nei post precedenti, ultimamente ho adottato la formula di proporre ai miei giocatori alcune sinossi delle molte avventure a mia disposizione, e di far scegliere a loro quale giocare. Ebbene, l’ultima che hanno scelto è stata “Il Sigillo del Serpente” (liberamente scaricabile dal sito del Chimerae Hobby Group). Confesso che non l’avevo letta prima di proporla… purtroppo… però alla fine non si è rivelata affatto male come pensavo!


La storia comincia all’arrivo degli avventurieri nella cittadina di Katamash. È notte, e i nostri eroi stanno cercando una locanda dove alloggiare, quando improvvisamente, in un vicolo, trovano il corpo riverso a terra di un vecchio sacerdote. Esaminando il cadavere, scoprono che è stato appena sventrato. Inoltre, stretta tra le sue mani, trovano una strana targhetta di metallo forata, con impresso il sigillo di un serpente.

Allora, tanto per cominciare la domanda è: perché mai dovrebbero cominciare a investigare sulla morte di questo vecchio? “Perché altrimenti l’avventura non parte” è l’unica risposta possibile. Bello schifo. Una bella storia inizia da una bella premessa! Se già la premessa non sta in piedi, lo spettatore o il lettore si aspetteranno di dover soprassedere su altri aspetti poco convincenti della trama anche in seguito. Risultato: noia.

Un bel mistero inizia da una premessa accattivante, e si sviluppa emozionando il pubblico solo se i tasselli del puzzle vanno progressivamente a occupare il loro posto in un incastro il più perfetto possibile.

A ogni modo sono oramai abituato a modificare le premesse sbilenche delle avventure preconfezionate. Stavolta mi sono limitato ad aggiungere il dettaglio che il sacerdote assassinato fosse una cara e vecchia conoscenza di uno degli avventurieri. Non è stato l’unico punto che ho ritenuto di dover modificare, però.

Il retroscena della storia, a mio avviso, è un po’ zoppicante, ma quanto a questo non possiamo essere tutti Agatha Christie. Il vero problema è la struttura! In pratica non esistono veri indizi che possano far procedere gli avventurieri nell’indagine; addirittura l’autore stesso scrive, in un paio di punti, di spingere i giocatori a battere tutte le piste possibili finché non arrivano a un buon livello di frustrazione, e solo allora far succedere l’evento che porterà avanti la storia.

Ho rimaneggiato l’avventura in modo che ci fossero realmente degli indizi da seguire, e ho anche voluto anche esser chiaro con i giocatori. Ho spiegato loro che stavano per approcciarsi a una vera e propria indagine, e che il solo modo per trovare gli indizi era di fare le domande giuste; io non li avrei in alcun modo instradati. Se si fossero arenati nell’indagine avrebbero potuto spendere definitivamente un Benny* (cioè, fino alla fine dell’avventura, intendo) per ricevere un aiuto. Ebbene, non solo questa formula ha funzionato, ma (contrariamente alle mie aspettative) sta anche riscuotendo un grande successo!

Svariati pezzi di storia li ho aggiunti al volo, per rispondere alle azioni dei personaggi: un paio di sacerdoti puttanieri, il perfido consigliere del conte, la mitica biblioteca vaticana di Velenom. La spada delle Anime Brucianti ho scelto preventivamente di seppellirla sotto il Picco del Nibbio assieme ai custodi (mi sembrava molto più logico piuttosto che farla materializzare poco prima dello scontro finale).

Attualmente i nostri eroi si trovano all’ingresso della tomba di Evander. Ci sono arrivati da soli, decifrando la pergamena di Ankin (per fortuna non proprio subito, cosa che sarebbe anche potuta succedere), senza aver incontrato né Shime né il Ritornante. E si stanno divertendo, parecchio! Il che – lo confesso – mi ha stupito, e mi sta facendo ricredere sulle potenzialità delle avventure investigative.


(*) L’avventura è stata originariamente ideata per OD&D, ma noi la giocammo con il sistema di Savage World, utilizzando il Fantasy Companion.

lunedì 2 febbraio 2015

Alba dei Re: il romanzo. Parte 1


Questa storia ha inizio sul confine meridionale del Brevoy, piccolo baluardo di civiltà stretto tra le ben più ampie terre barbariche della Iobaria e della Numeria e il precario agglomerato di monarchie conosciuto come i Regni Fluviali.

In una tranquilla giornata primaverile quattro individui stanno percorrendo la strada che dalla città di Restov, capoluogo del Rostland e sede del barone Sirian Aldori, costeggia in direzione ovest il confine con i Regni Fluviali – o meglio: con le Terre Rubate!

I quattro sono in cammino da oltre cinque giorni. Tra qualche ora dovrebbero arrivare a destinazione: l’avamposto commerciale di Oleg. È lì che comincerà la loro vera avventura!

Nonostante i molti chilometri percorsi, la piccola Demona sembra non risentire della stanchezza, ma anzi pare eccitata dall’imminente inizio di questa “saga”. Chiacchiera allegramente con Shamiala, la mezzorchessa, con la quale pare aver instaurato una certa intesa fin dal momento in cui si sono conosciute. È fondamentalmente la gnoma a parlare, chiedendole se nei suoi viaggi lei sia mai stata nelle Terre Rubate, e se vi ha incontrato dei mostri. Shiamiala le risponde lentamente, nel suo linguaggio comune con accento marcatamente orchesco. I lineamenti del suo viso verdastro, incorniciati dalla folta e ispida chioma nera, sono spianati, dolci per quanto possibile: appare evidente che gradisce le attenzioni di quel piccolo affarino rosa, e anche che non ci è abituata.

– Più che mostri, ci sono molti banditi – le risponde. – E poi coboldi, gnefri… e i cacciatori mi hanno parlato di alcuni dispettosi folletti. –

– Cosa sono gli gnefri? – domanda Demona portandosi un dito alle labbra. Il suo viso, già di per sé così insolito per la “gente alta”, con quegli occhi così grandi e perennemente vacui, assume un’espressione tra il dolce e il grottesco quando è stupita.

Nessuno dei personaggi ha Conoscenze (Natura) tra le proprie abilità, perciò nessuno è in grado di rispondere alla domanda.

– Dei cosi piccoli e brutti – risponde lei, scherzosamente.

Hinni, la cavalla di Shamiala, emette un nitrito. La donna indietreggia di un passo, affiancandola, e le dà una vigorosa e materna pacca sul collo.

– Che hai da lamentarti? – le chiede. – Per andare al passo coi miei compagni non ti ho praticamente cavalcata in questi giorni! –

Demona, vedendo che la cavalla non risponde, le parla in un linguaggio simile al suo nitrire.

Demona utilizza l’abilità speciale “parlare con gli animali”.

– Dice che non si stava lamentando e che ti sarebbe grata se evitassi di darle certi colpi, perché le fai male – riferisce infine la gnoma, dopo un breve scambio di battute con Hinni. Shamiala arriccia il naso e fa una smorfia che mette in risalto i suoi pronunciati canini inferiori. – E già che c’è, ci tiene anche a chiederti quand’è che le comprerai una sella, visto che non è piacevole farsi sempre cavalcare al pelo e che tu sei molto pesante. –

– Quando avrò i soldi – replica la mezzorchessa arrestandosi di colpo. Poi estrae da dietro la schiena la sciabola elfica a due mani e aggiunge, rivolgendosi al destriero: – Ma se sono tanto pesante, forse preferisci che io ponga fine alle tue sofferenze adesso? –

– Oh, per favore! – esclama Catilo esasperato. – Finiamola con questo teatrino e muoviamoci! –

Detto ciò l’umano prosegue lungo la strada, portandosi in testa al gruppo. Le due donne e il mezzelfo, Kalem, rimangono un momento fermi a contemplarlo nella sua camminata verso il tramonto.

– Ma che diavolo…! – sbotta Shamiala alzando la grande lama curva sopra la testa, in posizione d’attacco.
Kalem le appoggia una mano sulla spalla.

– Non ti scaldare – le dice pacatamente, sorridendo. – Lui è fatto così, un tipo molto serio, a quanto pare. –
– Togli quella mano o te la taglio, crapa pelata. –

Kalem ritrae la mano, stupito, ma non intimorito. Poi scoppia a ridere.

– Dalle mie parti mi chiamavano “orecchie a punta” quando volevano insultarmi – dice il chierico, allegramente. – Curiosamente è la prima volta che sento un riferimento al fatto che mi rado i capelli. –

– Ma tu non hai le orecchie a punta così pronunciate – afferma Demona. – Anzi, io ti avevo scambiato per un umano, a Restov. –

– Già, ma darmi del bastardo mezzosangue è più dispregiativo che darmi del pelato, per gli umani – risponde Kalem, senza alcun segno di turbamento.


A queste parole la mezzorchessa rimette la sciabola a due mani nel fodero. Poi prende Hinni per le rudimentali briglie di cuoio e comanda, con tono basso, ma fermo: – Andiamo. –

venerdì 23 gennaio 2015

Determinare il round di sorpresa

Mi sono trovato più di una volta in difficoltà circa questa faccenda. Se un gruppo di marines salta fuori da un ascensore improvvisamente e comincia sparare sui soldati di ronda, questi vanno considerati sorpresi oppure no?

Al fine di non farmela menare dai giocatori, ho individuato tre fattori di cui tener conto per determinare se c’è il round di sorpresa o no: vista, udito, e livello di attenzione dei bersagli.

Un nemico può essere pronto alla battaglia oppure distratto. Per pronto alla battaglia non intendo necessariamente in piedi e con le armi in pugno, bensì genericamente pronto ad affrontare un eventuale pericolo. Soldati di ronda, viaggiatori nelle terre selvagge e avventurieri in un dungeon sono generalmente pronti. Cittadini che passeggiano per il mercato, cortigiani tra le mura di un palazzo e avventurieri in locanda, invece, non lo sono; ma considero come distratti anche soldati assonnati, o ubriachi, o che stanno giocando a dadi.

Si possono dunque verificare le seguenti condizioni:
  1. Una fazione ha avvistato l’altra senza essere vista; quest’ultima è pronta alla battaglia; gli assalitori attaccano senza muoversi
  2. Una fazione ha avvistato l’altra senza essere vista; quest’ultima è pronta alla battaglia; gli assalitori si muovono per attaccare
  3. Una fazione ha avvistato l’altra senza essere vista; quest’ultima è distratta
  4. Le due fazioni non possono ancora vedersi (forse perché c’è una porta a separarle), ma una delle due è ha già udito l’altra (ad esempio origliando alla porta) senza essere a sua volta udita; quest’ultima è pronta alla battaglia
  5. Le due fazioni non possono ancora vedersi, ma una delle due è ha già udito l’altra senza essere a sua volta udita; quest’ultima è distratta
Ecco come gestisco tali situazioni:
  1. Round di sorpresa automatico, nessun tiro consentito
  2. I combattenti inconsapevoli effettuano delle prove di Percezione contrapposte a Furtività: chi le supera può agire nel round di sorpresa
  3. Round di sorpresa automatico, nessun tiro consentito
  4. Round di sorpresa non consentito
  5. I combattenti inconsapevoli effettuano delle prove di Percezione (contrapposte a Furtività): chi le supera può agire nel round di sorpresa
Oltre alla modalità “agguato” il round di sorpresa può essere causato anche dalla modalità “tradimento”, cioè quando l’attacco proviene da un personaggio che non si riteneva pericoloso. In tal caso le situazioni possibili sono le seguenti:
  1. L’attacco avviene frontalmente; i bersagli erano comunque pronti alla battaglia
  2. L’attacco avviene frontalmente; i bersagli erano distratti
  3. L’attacco avviene alle spalle
Risoluzioni:
  1. I combattenti sotto attacco effettuano un tiro di Intuizione (contrapposto a Raggirare): chi lo supera può agire nel round di sorpresa
  2. Round di sorpresa automatico, nessun tiro consentito
  3. Round di sorpresa automatico, nessun tiro consentito
Che ne pensate, siete d’accordo con questo sistema? Voi come vi comportate?

***

Nota postuma (31/3/2017):

...O più genericamente: cerco di coglierti di sorpresa; ci riesco, non ci riesco o andiamo ai dadi per deciderlo? ;-p

venerdì 16 gennaio 2015

Pathfinder – L’utilità dell’equipaggiamento

A che serve esattamente l’equipaggiamento in D&D? Dai, ce lo siamo sempre chiesti tutti; la maggior parte degli oggetti presenti nella lista dell’equipaggiamento d’avventura non li abbiamo mai usati in tutta la nostra carriera di avventurieri! Proviamo quindi a capire quali sono gli oggetti veramente utili da portarsi dietro.


Fonti di illuminazione:

Torce, torce inestinguibili, lanterne, verghe del sole, olio infiammabile, acciarino, tizzoni ardenti (alias fiammiferi). Una fonte di illuminazione (e il necessario per poterla utilizzarla) è indispensabile per chiunque voglia infilarsi in un dungeon e non disponga della scurovisione o dell’incantesimo Luce. Torce, verghe del sole e tizzoni ardenti sono prodotti consumabili; sull’olio infiammabile, personalmente, sono un po’ più flessibile. Tecnicamente ci vorrebbe una mano libera per trasportare una fonte di luce, ma non è esattamente pratico tenerne conto (io non lo faccio1).

Un’ampolla di olio infiammabile, volendo (pag 166), può essere anche usata come versione “povera” del fuoco dell’alchimista (alias molotov).

Contenitori:

Borsa da cintura, zaino, sacchi, custodia per mappe e pergamene, sacche da sella e sella da carico. Sicuramente avrete bisogno di un contenitore grande per trasportare l’equipaggiamento (quindi di uno zaino o di un sacco); e poi ve ne serviranno altri per trasportare i tesori che troverete. Nella prima edizione di D&D c’era una magnifica tabella della capienza dei contenitori: un sacco piccolo (borsa da cintura) portava 200 monete, uno zaino 400, un sacco grande 600, le bisacce (sacche da sella) 1000 monete. Mi è sempre piaciuta quella tabella, la trovo estremamente pratica. Ovviamente se nelle bisacce volete mettere anche dei pezzi di equipaggiamento bisognerà quantomeno dimezzare lo spazio per le monete. La sella da carico, a mio avviso, ha capienza illimitata (perciò portarsi dietro un mulo non è un’idea così malvagia).

La custodia per mappe e pergamene direi che è necessaria se avete con voi dei pezzi di carta che non vorreste veder rovinati (mai farsi un bagno a cuor leggero con delle pergamene sparse nello zaino!).

Legacci:

Catene, corde, manette: talvolta può essere utile prendere dei prigionieri, invece di uccidere tutti gli orchetti che incontrate sul vostro cammino.

Attrezzi da scalata:

Chiodi da rocciatore, martello, corda e rampino: se avete con voi gli attrezzi da scalata adatti alla situazione può essere che convinciate il GM a fornirvi un bonus di circostanza di +2 alla prova.

Cancelleria:

Pennino, inchiostro e fogli di pergamena: nessun mago con il talento Scrivere Pergamene dovrebbe andare in giro senza (anche perché, tra l’altro, sul libro degli incantesimi con cosa volete scriverci, col sangue?). O questo, almeno, è quello che ho pensato subito; in verità per scrivere pergamene magiche bisogna acquistare materiali particolari – perciò non lo si può fare nel bel mezzo di un viaggio per la terra di Mordor.

Pennino e inchiostro, a logica, dovrebbero essere attrezzi di classe di ogni mago, assieme al libro degli incantesimi e alla borsa dei componenti. Se non li hanno inseriti in quella lista è forse perché ritengono che tali oggetti possano venir dati per scontati. O forse è stata solo distrazione. Io li metterei come oggetti di classe.

Provviste:

Se intendete intraprendere un viaggio nelle terre selvagge sarebbe saggio portarsi un otre d’acqua e le razioni da viaggio. Le razioni da viaggio vengono consumate alla velocità di una al giorno; l’otre d’acqua ritengo sia sufficiente averlo con sé. Se non avete con voi acqua e cibo, potete procurarveli effettuando delle prove di Sopravvivenza (dimezzando la velocità di marcia, come spiegato a pag 110), ma se la prova fallisce potreste trovarvi in guai seri! È possibile resistere un giorno senza bere e tre giorni senza mangiare (pag 473); a partire dal secondo giorno senz’acqua e dal quarto senza cibo, acquisite la condizione affaticato e cominciate a morire.

Anche gli animali hanno bisogno di essere dissetati e sfamati. Gli animali di dimensioni molto piccole (uccelli, serpenti) sono in grado di procurarsi il cibo da soli. Gli erbivori possono pascolare, a meno che non si trovino in ambienti particolarmente ostili (deserto, lande ghiacciate o altri); in quel caso dovrete procurar loro della biada (nutrimento) e magari un barile d’acqua. I carnivori (cani, eccetera) riescono generalmente a procurarsi l’acqua da soli, ma consumano anch’essi una razione al giorno. O questa, almeno, è una possibilità di trattare la faccenda; un’altra è presupporre che gli animali siano sempre in grado di procurarsi il cibo da soli; e se siete molto spicci, anche i PG (questo discorso vale per ogni pezzo dell’equipaggiamento, comunque).

Animali:

Le cavalcature avranno bisogno di morso e briglie e di una sella. Se non avete morso e briglie potete facilmente arrangiare una soluzione di fortuna, ma una sella è un oggetto più complesso da fabbricare. Senza una sella decente, le prove di Cavalcare subiscono un malus di -5. Ai cani da galoppo servirà una sella esotica, ovviamente.

Come ho già detto, un mulo addetto al trasporto dei tesori potrebbe non essere una cattiva idea (anche perché, come è scritto a pag 169, potete portarlo nei dungeon, mentre cavalli e pony no). Diversamente dai cavalli, che saranno addestrati a “cavalcare” o a “cavalcare in combattimento” (vedi pag 93), un asino o un mulo dovrebbero essere addestrati ai “lavori pesanti”. Anche il cane da galoppo è addestrato a “cavalcare in combattimento”.

Un ultimo animale presente nella lista è il cane da guardia, probabilmente addestrato a “proteggere”.

P.S. Segnalo, visto che è scritto tra le righe (di pag 92), che c’è una differenza tra il comando “attacca (creature normali)” e “attacca (qualsiasi creatura)”. E già che ci sono segnalo anche (visto che lo hanno scritto in sordina a pag 51) che gestire un animale è un’azione veloce, mentre spingerlo è un’azione di movimento.

Vestiti:

Sinceramente io degli abiti non ho mai tenuto conto. Quelli indossati sono li dò scontati; ma forse a qualcuno potrebbe interessare averne di ricambio.

Oggetti di classe e di abilità:

Agrifoglio e vischio servono ai druidi come focus per alcuni incantesimi. Gli arnesi da scasso servono ovviamente ai ladri (senza gli arnesi da scasso la difficoltà delle prova per scassinare serrature aumenta di 10 e quella per disarmare trappole di 2). La borsa dei componenti per incantesimi è indispensabile ai maghi per lanciare incantesimi con componente materiale (a meno che non abbiano il talento Escludere Materiali) (nota che alcuni incantesimi hanno dei componenti materiali costosi che vanno acquistati preventivamente). Il libro degli incantesimi viene fornito come dotazione ai maghi novizi, ma siccome contiene solo 100 pagine (e ciascun incantesimo, a eccezione dei trucchetti, occupa un numero di pagine pari al proprio livello) (pag 230; si, lo so che è in contraddizione con ciò che è scritto a pag 168), presto o tardi sarà necessario comprarne uno nuovo. Il simbolo sacro serve a chierici e paladini per incanalare energia divina e come focus per alcuni incantesimi. Lo strumento musicale è abbastanza fondamentale per un bardo che voglia usare l’abilità Intrattenere (strumenti a corda, a fiato, a percussione, a tastiera). Tutti gli altri oggetti, fondamentalmente, servono solo a fornire dei bonus ai tiri di abilità. Tra parentesi: il piede di porco e l’ariete portatile, pur non essendo in questa lista, forniscono anch’essi dei bonus ai tiri.

Ah, dimenticavo: questione “attrezzi”. Gli arnesi da artigiano, come quelli da scasso, sono indispensabili per effettuare le prove di Artigianato senza malus di circostanza. E poi abbiamo un generico “attrezzo perfetto”, che non viene spiegato esattamente di che attrezzo si tratta o a quale abilità aggiunga il bonus di +2. Bhe, ricordate quando dicevo di convincere il master che il ciarpame da voi acquistato è perfetto per compiere l’azione assurda che avete in mente? Magari con una “corda perfetta” riuscirete davvero a convincerlo!

Oggetti alchemici e speciali:

Acido, acqua santa e fuoco dell’alchimista sono utili contro mostri particolari. La borsa dell’impedimento, il bastone di fumo e la pietra del tuono consentono azioni particolari. L’antitossina non abbisogna spiegazioni. Gli altri oggetti servono come fonti di illuminazione.

Gli oggetti rimanenti:

Che dire sugli oggetti che non ho ancora menzionato? Lo specchio di metallo è un oggetto “storico” della lista dell’equipaggiamento di D&D, utile contro i basilischi e per fare segnali luminosi, ma può essere facilmente sostituito da uno scudo di metallo, o dalla lama di una spada. Pala e piccone sono sicuramente più adatti delle asce da guerra per scavare e aprire varchi, ma anch’essi non sono indispensabili (a meno che, come nel caso degli attrezzi da scalata, il GM non voglia esser generoso e fornire dei bonus di circostanza alla prova). La legna da ardere potrebbe venir utile proprio solo in situazioni estreme. Il fischietto è per i PG che non sanno fischiare con le dita? La coperta invernale può servire se un GM sadico ha intenzione di far effettuare un tiro contro il congelamento durante la notte. Stesso discorso vale per la tenda e l’attrezzatura da campo (secondo me è volersi complicare la vita, tener conto di questi fattori). Poi abbiamo l’amo e la rete da pesca, se per caso ci trovassimo a doverci procurare il cibo in mezzo al mare; il costosissimo cannocchiale, che magari in certe situazioni (ma quali?) potrebbe anche venir bene; ceralacca e anello con sigillo, per i PG che vogliono fare i fighi… tutta roba che, a mio avviso, serve unicamente per il role-play “duro e puro”. E riempie inutilmente la scheda.

Sono un grande fan delle liste essenziali!

Oggetti personalizzati:

Perché non scrivere “rampino d’abbordaggio” invece del semplice rampino? Perché non specificare che l’anello con sigillo ha l’effige dell’antica casata Mizard? Perché sulla nostra spada lunga non dovrebbe esserci la dedica del nostro fabbro preferito? E se in tasca avessimo, ad esempio, una lettera d’amore? O, al collo, una collana di denti di squalo?

Senza esagerare, penso che uno o due oggetti personalizzati (anche gratuiti, nel caso di una collana o di una lettera d’amore) potrebbero essere proprio scritti sulla scheda, invece di lasciarli al role-play, come l’onnipresente mantello con cappuccio o le bende per fasciare le ferite che – non si sa come – tutti gli avventurieri hanno con sé. Prestando particolare attenzione, lo stesso discorso potrebbe valere per le armi (tenete però conto che su internet si trovano molte nuove liste, del più disparato armamentario).

Considerazioni finali su peso e ingombro:

Oltre a essere menosissimo da calcolare, il peso è anche un fattore estremamente castrante per un PG (a meno che non abbia forza erculea). D’altronde non tenendone conto c’è il rischio di trovarsi in situazioni assurde. Secondo me una stima “a occhio” da parte del GM (e di tutti i presenti al tavolo) è la soluzione migliore. E in caso di dubbi… bhe, si può sempre metter mano alla calcolatrice!


(1) Considerazioni extra: armi in pugno! (o “Sull’utilizzo delle mani”)

Gli incantesimi con componente somatica necessitano di una mano libera. L’oggetto legato deve essere impugnato. Se cerchiamo di bendare le ferite a un alleato morente, vorremo usarle due mani? Ci troviamo in un dungeon con in mano lo scudo e nell’altra la lanterna… che facciamo quando spunta fuori un goblin puzzolente da dietro l’angolo, ci infiliamo la lanterna tra i denti ed estraiamo la spada? Avete mai notato che, se il master non dice nulla, tutti i giocatori tendono a comportarsi come se il proprio PG avesse il talento Estrazione Rapida?

Diciamocelo: tener conto di quali oggetti abbiamo in mano è noioso e – sinceramente – anche un po’ ridicolo. Se dovessimo davvero bendare un alleato morente nel bel mezzo di una battaglia, ci servirebbe ben altro che una mano libera e un round di 6 secondi! Credo che non dobbiamo dimenticarci che queste regole sono astrazioni e, come tali, un po’ di flessibilità “cinematografica” ci sta.

Se i giocatori mi dicono “avevamo già le armi in pugno”, okay, per me avevano già le armi in pugno! D’altronde anche i nemici sono spesso subito pronti alla pugna. Gli unici casi in cui tener conto del tempo di estrazione/ricarica , a mio avviso, sono quelli in cui il PG cambia arma nel mezzo del combattimento, o quando utilizza un’arma da lancio, o quando usa una balestra. Le fonti di illuminazione, per come la vedo io, sono state posate a terra prima dell’inizio della battaglia. Detto in altri termini, lascio quasi sempre decidere ai giocatori cosa hanno in mano i loro PG all’inizio del combattimento.

Quanto ai suddetti incantesimi con componente somatica e alla meno libera necessaria (da regolamento) per stabilizzare un alleato morente, lascerei perdere.