domenica 25 febbraio 2024

Ryuutama: Lo specchio della scuola di Mevo

Da molto tempo sono attratto dal Vecchio Carnevale Blogghereccio, e questo mese (complice il tema accattivante: GLI SPECCHI) ho deciso di parteciparvi. Ho dunque scritto un'avventura a tema (o meglio un canovaccio, dal momento che, come sapete, è la mia formula preferita) per Ryuutama, che sto saltuariamente masterando (normalmente improvvisando) a un gruppo di amici. Così la mia compagna non potrà più dire che arrivo al tavolo impreparato eh eh!

Ecco a voi:

Lo specchio della scuola di Mevo

Un’avventura per Ryuutama


Prologo

[ Prateria (6) + cielo sereno (0) = ON: 6 ]

I protagonisti stanno viaggiando verso il Grande Viola, una lunga tratta che unisce la Città Nera, a sud, con la Città di Smeraldo, a nord. Questa via è conosciuta soprattutto perché, talvolta, vi si leva una foschia violetta che si dice divida la realtà dal mondo dei sogni; per questo motivo essa è spesso percorsa da artisti, sognatori e maghi.

Mentre stanno attraversando le terre selvagge verso est, per immettersi nella via in prossimità della Città di Smeraldo, essi vengono condotti dal Ryujin (nella sua forma animale) a uno specchio d’acqua nel quale egli mostra loro una visione. La visione nell’acqua presenta un uomo di mezza età, decisamente affranto, seduto in mezzo a una moltitudine di specchi; a un tratto le immagini riflesse negli specchi cominciano a muoversi autonomamente e tentano di ghermire l’uomo. È evidente che il Ryujin sta chiedendo ai nostri di aiutare quell’uomo.

Il giorno successivo i protagonisti giungono alla Cittadella di Porcellana, lungo il Grande Viola. La cittadella è un centro fortificato costruito sulla cima di un colle caratterizzato dalla presenza di alberi enormi (alberi che sono anche parte integrante dell’urbanistica della cittadella: vengono infatti utilizzati come punti di avvistamento, ponti e supporti per edifici sospesi). Questo centro abitato è un luogo di passaggio per carovane e pellegrini diretti alla Città di Smeraldo, perciò non è un problema entrare a visitarla. Durante la visita, a un certo punto, i nostri si imbattono nella bottega di un vetraio che riconoscono come l’uomo della visione. Costui si chiama Juzaburo e anche lui ha ricevuto una visione da uno dei suoi specchi (lo Specchio dei Suggerimenti) in cui gli veniva indicato di cercare l’aiuto dei protagonisti.

Juzaburo racconta ai nostri che sua figlia Eriko è scomparsa mentre raccoglieva lacrime di vetro lungo la Pista dei Sogni. L’uomo ha implorato le guardie della cittadella di andarla a cercare, ma la poco accurata ricerca non ha portato ad alcun risultato.

Juzaburo è sicuro che Eriko sia nei guai perché possiede anche un altro specchio magico di sua creazione che in qualsiasi momento può fargli vedere dove si trova la figlia; e in questo momento lo Specchio di Eriko (così lo ha chiamato) mostra la ragazza persa in un luogo oscuro e pauroso.


Antefatto

Eriko ha un giovane amico di nome Hisashi, un aspirante tagliaerba di Mevo, un villaggio alla fine della Pista dei Sogni. Hisashi, per impressionare Eriko, un giorno le ha mostrato l’ingresso alle rovine di un’antica scuola di magia, ad alcuni chilometri dal suo villaggio. Le rovine, in verità, consistono semplicemente in un piccolo sotterraneo spoglio, ma Erika ne era rimasta molto affascinata.

Durante una recente visita solitaria alle rovine, purtroppo, la ragazza ha trovato un passaggio segreto che l’ha condotta in una stanza con uno specchio maledetto. Lo specchio ha attratto a sé Eriko mostrandole ciò che lei più desidera (diventare una maga) e, così facendo, l’ha imprigionata al suo interno, mentre un malvagio replicante è comparso in quel momento nel nostro mondo e ora sta compiendo malefatte nella Steppa dei Draghi di Confine.


Tabella delle condizioni climatiche (d20)

1-8 cielo sereno (0)

9-12 cielo nuvoloso (0)

13-14 caldo eccessivo (+1)

15-16 vento forte (+1)

17-18 pioggia (+3)

19-20 foschia viola (+3)


Luoghi di interesse


La Cittadella di Porcellana:

Si tratta di una cittadella fortificata vagamente arabeggiante, costruita sulla cima di un colle. Il colle è conosciuto come la Collina dei Kapok Viola, alberi giganteschi che sono divenuti parte integrante dell’urbanistica della città: vengono infatti utilizzati come punti di avvistamento, ponti e supporti per edifici sospesi. Su alcuni alberi sono stati creati dei veri e propri giardini. I Kapok circostanti le mura difensive sono stati tagliati, ovviamente.

Questo centro abitato è un luogo di passaggio per carovane e pellegrini diretti alla Città di Smeraldo, dove si dice che i sogni possano diventare realtà (per chi ha compiuto il viaggio con la fede nel cuore verso il proprio sogno). Templi dedicati ai draghi delle stagioni e ostelli sono dunque presenti nell’urbe.

Il governatore e fondatore della Cittadella di Porcellana è un ex mercante, sir Eiko Olsmaito, che cinquant’anni or sono ha saputo ristrutturare un caravanserraglio trasformandolo in un florido piccolo centro commerciale. Le principali merci del luogo sono gli specchi deformanti, le lanterne delle fate e i corni di richiamo dei trapassati, oltre, naturalmente, ai manufatti in porcellana.

I cavalli tigrati sono i principali animali da galoppo e da trasporto; i macachi dispettosi e i pappagalli pettegoli sono i principali animali da compagnia (ma se ne trovano anche molti randagi). Alcuni incantatori da strada addomesticano i serpenti dell’aldilà per i propri spettacoli.

La cittadella ha tre porte che si aprono su altrettante strade. La strada settentrionale si biforca dopo pochi chilometri: a sinistra attraversa le steppe, a destra le colline. Le steppe sono popolate dai Draghi dell’Ultimo Respiro, che sono cacciati dai nomadi per i loro corni pregiati; le colline sono invece rinomate per essere la dimora di molte colonie di fate luminose.

La porta a sud-est si apre sulla Strada dell’Ultima Sera, dove più comunemente ci si imbatte nella foschia violetta. È un luogo considerato pericoloso, perché su questa strada la gente alle volte scompare, ma alcuni raccontano invece di aver trovato la propria fortuna in mezzo alla nebbia.

Dalla porta a sud-ovest parte la Pista dei Sogni, dove si raccolgono le lacrime di vetro con cui vengono creati gli specchi magici. In verità, però, solo pochi artigiani abili (come Juzaburo) sono riusciti a realizzare, con cristalli particolarmente pregiati, opere davvero valide: la maggior parte dei vetrai realizza solo simpatici specchi deformanti.


Agganci:

    • Un mercante racconta di esser stato derubato da una banda di briganti, a nord-ovest, tra cui spiccava per ferocia una giovane donna che corrisponde alla descrizione di Eriko (longilinea, volto angelico e capelli d’argento)

    • Chi conosce Eriko (tranne il padre) sa che ha un grande sogno: diventare un’abile maga. Non sembra molto portata, però…

    • Affinché il pellegrinaggio alla Città di Smeraldo porti alla realizzazione del proprio desiderio, deve avere inizio alla Città Nera (che si trova molto a sud), essere fatto a piedi e con la fede nel cuore

    • Lungo la Via dell’Ultima Sera ci si imbatte con più frequenza nella pericolosa foschia violetta: per questo motivo chi è ossessionato da un desiderio che non riesce a realizzare si avventura su quella strada, nella speranza di trovare in mezzo alla nebbia quel che sta disperatamente cercando

    • Sulle colline a nord-est ci sono dei boschi intricati e oscuri, abitati da pericolose fate ingannatrici

    • Così come Juzaburo è uno dei più abili vetrai della cittadella, Eriko può essere definita una delle migliori cercatrici di lacrime di vetro

    • In più di un’occasione Eriko è stata vista, lungo la Pista dei Sogni, in compagnia di un ragazzino robusto e mal vestito (scalzo), ma nessuno in città sa chi sia

    • Un occhio attento si accorgerà (non subito) che un pappagallo pettegolo (Albert) sta tenendo d’occhio i nostri da quando hanno lasciato la bottega di Juzaburo; prenderlo, però, è davvero difficile e, se scoperto, l’animale volerà verso sud-ovest


Oggetti (rilevanti) in vendita:

Oggetto

Prezzo (O)

Dimensione

Spiegazione/effetto

Specchio deformante

1500+

1+

Ce ne sono di vari tipi, dimensioni e proprietà: dai più semplici che riflettono un’immagine più magra, più grassa, più vecchia o più giovane, ai più complessi che raccontano barzellette o proferiscono bislacchi presagi.

Lanterna delle fate

4000+

1+

Queste lanterne sono in grado di mostrare ciò che normalmente non è visibile agli occhi: spettri, strade nascoste, aure, ecc. Si alimentano a frutta dolce (il cibo delle fate).

Corno di richiamo dei trapassati

2000

3

Questi corni producono un suono simile a un lamento spettrale: non è facile saperne trarre una melodia. Si dice richiamino i morti, e in effetti hanno un blando effetto di richiamo sui corvi, i serpenti e gli spettri.


La Pista dei Sogni:

[ Terreno roccioso (8) ]

Somiglia, in molti punti, al greto di un torrente in secca più che a una pista. Le lacrime di vetro possono essere trovate lungo la strada, ma i veri cercatori sanno esattamente quali sono i punti in cui questi cristalli compaiono più spesso e quando (principalmente dopo il levarsi di grossi banchi di foschia violetta).

Hisashi, avvisato da un pappagallo pettegolo (di nome Albert) che i nostri sono in possesso di uno specchio per individuare Eriko, tenta di derubarli lungo questa via. Se non ci riesce vuoterà il sacco, anche se è molto orgoglioso, raccontando della sua amicizia con la ragazza. Poiché non ritiene importante l’episodio dell’antica scuola di magia (anche perché lui si è già recato lì in cerca di Erika) non ne parlerà subito. Non ha proprio idea di dove si trovi la sua amica, perciò intende portare lo specchio a Mevo per chiedere consiglio.


Mevo:

Questo piccolo villaggio si trova all’estremità meridionale della Pista dei Sogni. La sua principale fonte di sostentamento è il commercio dell’erba gigante, che è una leccornia per i draghi e viene bruciata per attirarli. Vi si realizzano, comunque, anche delle ottime zuppe.

Per diventare un Tagliaerba, ciascun giovane del villaggio deve superare un rito di passaggio che consiste nel attraversare il Grande Campo fino a raggiungere il Colosso d’Erba e tagliargli un dito del piede (che tanto ricresce); per far questo il novizio deve utilizzare una falce nuova che diverrà la sua falce per tutta la vita (se si dovesse rompere dovrà rinunciare per sempre a essere un Tagliaerba).

Hisashi è conosciuto da tutti qui: alcuni pensano che diventerà un grande uomo, altri che è solo un piantagrane. La capanna di suo zio Kichibei (suo tutore e unico parente prossimo in vita) si trova poco fuori dal centro abitato. Kichobei è un ex-tagliaerba a cui si è rotta la falce in seguito all’attacco di un drago climatico. È un uomo coraggioso e scorbutico.

Il migliore amico di Hisashi è Maresuke, il fabbro, un ragazzo allegro, alto e dinoccolato con i capelli color paglia e la testa sulle spalle.


Agganci:

    • Il Colosso d’Erba vede molto distante dall’alto della sua statura e sarebbe quindi sicuramente in grado di dire dove si trovi la foresta oscura, se fosse nel suo campo visivo; per poter parlare con lui, però, bisogna riuscire a salirgli vicino all’orecchio, cosa che solo Kichobei ha mai fatto in questa generazione (anche se non tutti lo sanno)

    • Un grande saggio di nome Jonnosuke vive su un eremo alla fine della Strada dell’Ultima Sera


La Strada dell’Ultima Sera:

[ Terreno incolto (6) + 1-12 cielo nuvoloso (0) o 13-20 foschia viola (+3) ]

Anche quando non c’è la nebbia, questa strada è comunque un po’ lugubre: gli alberi sono spogli, l’erba è rada e smorta, non vi sono animali tranne occasionali corvi dagli occhi di cristallo.

Lungo la via si possono incontrare disperati di ogni risma, chi in cerca dell’amore, chi della ricchezza, chi della gloria: alcuni riescono davvero nel proprio intento, ma la maggior parte si perdono.

Se i protagonisti si arrischiano a entrare nella foschia violetta troveranno qualcosa di interessante, ma a un prezzo. Se rischiano di perdersi, il Ryujin interverrà a salvarli.

Chi percorresse questa strada fino in fondo giungerebbe al eremo di Jonnosuke.


Le colline delle fate:

[ Altopiano (8) e Montagna (10) ]

Un luogo ameno, ricco di vegetazione medio-bassa e piccola selvaggina. I cacciatori della Cittadella di Porcellana si recano qui, con fionde e retini, soprattutto per prendere facoceri e fate luminose. Tuttavia, mentre la caccia al facocero è abbastanza sicura, quella alle fate è un’attività meno tranquilla, perché questi piccoli insetti tendono a condurre gli uomini verso trappole naturali e precipizi.

La strada che attraversa le colline a un certo momento si arresta di fronte a un mastodontico ponte distrutto, di cui rimangono solo alcuni macigni fluttuanti. Attraversare il canyon sottostante è pericoloso per la presenza di diversi draghi famelici.


Le steppe dei Draghi di Confine:

[ Terreno incolto (6) ]

Sono detti anche Draghi dell’Ultimo Respiro. È possibile vederli solo alla luce della luna piena. Vengono cacciati dai nomadi delle roncole per le scaglie, la bile e i preziosi corni con cui gli artigiani delle Cittadella di Porcellana realizzano macabri strumenti musicali.

Un mercante proveniente da questa via racconterà ai protagonisti di essere stato derubato da un gruppo di nomadi tra cui spiccava per ferocia una ragazza che risponde alla descrizione di Eriko (si tratta, in verità, del suo doppio: Meriko).

L’accampamento dei nomadi delle roncole è lungo la via. Meriko, la malvagia replicante, non accetterà mai di tornare nello specchio da cui proviene, ma potrebbe accennare alla sua vecchia vita da ombra. Ora è un generale dei nomadi.


L’antica scuola di magia di Mevo:

Cadde 80 anni fa, quando si facevano i primi esperimenti strutturati sulla foschia viola. Qualcuno riportò dalle nebbie uno specchio dei desideri, ma esso fece impazzire i maghi, che cominciarono a bramarlo e a combattersi l’un l’altro per il suo possesso. In questa battaglia qualcuno scatenò a un certo punto un incantesimo troppo potente e incontrollabile: la foschia viola cominciò ad avvolgere la scuola inghiottendone gli occupanti. Alcuni cercarono allora di fuggire; tra essi un giovane mago di nome Jonnosuke e la sua ragazza, Risako.

Risako rimase bloccata fra i lembi della nebbia e Jonnosuke, spaventato, fuggì, lasciandola al suo destino. Risako, allora, implorò lo specchio per una via di fuga ed esso divenne quindi un portale per un regno delle ombre, dove Risako è ancora imprigionata. Quando lei entrò, un malvagio doppio uscì dallo specchio. Jonnosuke vide il replicante (senza sapere che lo era) tentare la fuga attraverso le nebbie e maledirlo mentre scompariva. Da allora Jonnosuke vive oppresso dai sensi di colpa in un eremo lungo la Strada dell’Ultima Sera.

I sotterranei della scuola sono pieni di affreschi che rappresentano i maghi alle prese con la nebbia, nel tentativo di sbirciare oltre di essa, imbottigliarla, comunicare con essa. C’è anche un affresco con il grande mago che trovò lo specchio dei desideri. Infine possono essere rinvenuti, tra le rovine, alambicchi e vasi in cattive condizioni e un libro di carpenteria sulle navi volanti.

Il passaggio segreto che conduce alla stanza dello specchio si apre premendo tasti segreti sul bassorilievo del grande mago. É davvero difficile individuarlo, se non si sa dove cercare. Una volta aperto il passaggio si accede a un labirinto di specchi con trappole a fossa e infine alla stanza dello specchio maledetto. Antichi arazzi con ricami dorati ornano questa sala dal pavimento di marmo nero venato.


L’eremo di Jonnosuke:

Il vecchio mago (quasi cento anni) vive su una collina rocciosa raggiungibile solo scalandone le pareti. Qui ci sono nidi di draghi, rocce fluttuanti e cascate che iniziano e finiscono nel nulla.

L’abitazione del mago è una modesta casetta di pietra. Jonnosuke vive qui meditando, pescando e chiacchierando con i draghi che vengono a trovarlo. Ha anche un orto.

Il mago vive di rimorsi per aver abbandonato Risako e se gli viene raccontato che una ragazza è sparita nei pressi della scuola, rivelerà ai protagonisti la storia dello specchio dei desideri dalla cornice dorata (che ora è nera) e spiegherà come aprire il passaggio segreto e superare le trappole del labirinto. Lui non è mai più tornato alla scuola perché crede che Risako sia morta. Non sa che lo specchio ora è maledetto, anche se può pensare che sia responsabile della sparizione di Eriko.


Aggancio:

    • Se lo Specchio di Eriko viene utilizzato qui, mostrerà la ragazza in compagnia di Risako. Jonnusuke, al vederla, rimarrà sconvolto e non saprà che pensare, ma sarà l’occasione per raccontare ai protagonisti la sua storia. Jonnosuke dice comunque di essere troppo vecchio per unirsi ai nostri nella ricerca


Il regno delle ombre oltre lo specchio:

[ Foresta fitta (10) + buio (3) = ON: 13]

Lo specchio maledetto racchiude una foresta oscura, spoglia, contorta, popolata di ombre e occasionali corvi dagli occhi di cristallo. Vi sono anche dei ruderi che possono essere usati dai nostri come punti di sosta e di riferimento per comprendere che la foresta è circolare.

Qui non serve bere o mangiare. Essendo parte del più vasto regno dell’oltretomba, i Draghi dell’Ultimo Respiro e i corvi sono gli unici a poter andare e venire a piacimento, ma non aiuteranno mai nessuno a fuggire (anche perché potrebbero solo condurlo in altri piani del regno dell’aldilà). Il Ryujin può intervenire (per bocca di un drago, perché lui qua non può entrare) per mettere in guardia i nostri dal tentare un’azione tanto scellerata.

L’unico modo per uscire in sicurezza dalla foresta è farlo attraverso lo specchio, ma per poterlo fare bisogna che qualcuno entri nello specchio mentre noi usciamo (Risako questo lo sa, ma non accetterà mai di fuggire sacrificando qualcun altro). Viceversa, se qualcuno entra nello specchio senza che nessuno esca nello stesso preciso istante, allora nel mondo esterno comparirà un malvagio replicante, che altro non è che un’ombra spettrale della foresta. Anche i nostri, entrando, libereranno dunque i propri replicanti.

Perlustrando la foresta, prima o poi i nostri incontreranno Risako (una donna diafana, dai lunghi capelli neri) e scopriranno che ha accolto Eriko nella sua capanna circondata da fuochi fatui verdi.

Risako vive da 80 anni (ma non è mai invecchiata) parlando ai corvi, ai draghi e guardando il mondo esterno attraverso uno specchio d’acqua verde (dove non si capisce se si vede il presente, il passato, il futuro o addirittura se permette di gettare uno sguardo su altri mondi, come il nostro dove stiamo giocando). In una di queste visioni potremmo vedere anche il padre di Eriko, affranto per la scomparsa della figlia.

Risako spiegherà ai nostri quel che le è successo e di come sia impossibile uscire dallo specchio se non alle spese di qualcun altro; ma a quel punto il Ryujin parlerà attraverso lo specchio d’acqua mostrando che sta per costringere i replicanti dei nostri a tornare indietro! Nella visione, però, si vedrà anche che Hisashi sta percorrendo il labirinto di specchi; Eriko, perciò, tornerà allora allo specchio maledetto per avvertirlo di non entrare, ma lui deciderà di sacrificarsi per lei.

Mentre Eriko corre allo specchio maledetto, però, compare un’altra visione nell’acqua: Jonnosuke, che è stato avvisato dal Ryujin di quel che sta succedendo, sta arrivando anch’egli a cavallo di un drago; e alla fine entrerà lui nello specchio al posto di Hisashi, ricongiungendosi così a Risako, e tutti vissero a lungo felici e contenti. Lo specchio maledetto, a questo punto, riacquisterà il bordo dorato e verrà inghiottito per sempre dalla foschia viola.

lunedì 20 febbraio 2023

La spiegazione di Death Parade

Ho appena avuto occasione di rivedere questo anime e devo dire che... mi è piaciuto come la prima volta. Vorrei scriverci un articolo, ma l'ho già fatto, ah ah! Allora, dai, stavolta ne butto giù uno con tanto di spoiler in cui vi espongo l'interpretazione completa del significato di Death Parade, secondo me. Parto dal presupposto che lo abbiate visto; se non lo avete fatto limitatevi a leggere il mio articolo precedente (prima di guardare questo bellissimo anime, ovviamente).


Ecco, dunque, come io ho capito Death Parade.

Questo cartone non parla affatto della morte, quantomeno non nel senso biologico del termine, bensì di quei momenti della vita in cui sembra che tutto ci crolli addosso; quelle crisi che possono farci sprofondare per sempre nella più cupa disperazione (il vuoto o inferno, nella metafora) o da cui possiamo rinascere rinnovati nello spirito (la reincarnazione o paradiso). E parla anche del senso della vita (visto che quando affrontiamo certe crisi non possiamo che domandarcelo). E parla anche del giudizio nel senso psicologico del termine (cioè nel senso brutto), ossia un'attribuzione di valore secca e spietata, spicciola e aprioristica, nei confronti di persone, eventi e soprattutto di noi stessi.

Chiyuki è la protagonista della storia. Ella, a un certo momento della vita, subisce un infortunio a un ginocchio per cui non potrà mai più pattinare e si sente morire dentro. Smette di vivere e sprofonda in un limbo di apatia (il Queen Decim) da cui potrebbe non riemergere mai più. In questo mondo interiore, assolutamente chiuso all'esterno, lei inizia un dialogo con il proprio giudice interiore, rappresentato da Decim il barman, una danza (come nella sequenza iniziale della sigla) in cui si interroga sul significato della vita e se per lei abbia ancora senso continuare a vivere.

Inizialmente il giudice interiore di Chiyuki ha un sistema di valutazione primitivo e proprio dei giudici interiori di ogni persona: lui emette sentenze basandosi sulla parte più oscura dell'animo umano; anzi, con i suoi giochi fa di tutto per tirar fuori il peggio dall'essere umano! Chiyuki lo vede in azione a più riprese nelle sue valutazioni assolutamente dicotomiche: Decim esprime giudizi sui rapporti di coppia problematici (episodi 1 e 2), sull'amore non corrisposto (episodio 3), sul rapporto madre-figlio (episodio 4), sull'odio e la rabbia (episodi 8 e 9). Decim non agisce con cattiveria: egli, come ogni altro giudice, segue solo le disposizioni di Oculus, che è l'incarnazione del concetto stesso di giudizio (infatti nei miti è Polifemo, il gigante dal grande occhio, a rappresentare il giudizio). Ma presto Decim si rende conto (o meglio: Chiyuki si rende conto) che un simile sistema di valutazione non tiene conto della grande fragilità e della moltitudine dei sentimenti umani e dunque comincia a dubitare di un metro di giudizio che considera unicamente le risposte a un evento traumatico, senza tener conto di tutto il resto, dell'interezza della persona.

Nell'episodio 10 Chiyuki si confronta con... quella che potrebbe essere lei stessa da anziana, dopo aver vissuto una vita piena. La vecchia signora ammette di non aver avuto tutto ciò che desiderava dalla vita (infatti non ha mai avuto figli), ma ha saputo apprezzare ciò che la vita le ha dato (un buon marito, un lavoro appagante) e perciò si ritiene soddisfatta. È qui che Decim (che, ricordiamolo, è solo una parte del Sé di Chiyuki) comprende la necessità di assumere uno sguardo d'insieme. E quindi adesso che fa?

Tempo al tempo: prima di rispondere alla domanda voglio analizzare alcuni altri personaggi. 

Mayu è anch'ella una ragazza in crisi e anche lei sta avendo un confronto con il proprio giudice interiore, Ginti. Per come parla e si comporta il giudice di Mayu (con nichilismo e disprezzo) capiamo che lei è meno evoluta rispetto a Chiyuki, non ha le sue stesse risorse, non riesce a porsi le domande giuste. Pare che la sua unica ragione di vita risieda nel sentimento per Arada, un cantante che idolatra, ma a un certo momento, probabilmente, si rende conto dell'inconsistenza di questa sua ragione di vita. Potremmo anche pensare che Arada rappresenti una vita dedicata all'esteriorità, alla bellezza, all'apparire, alla mondanità... o forse possiamo interpretarlo come un rapporto di coppia che palesemente non conduce da nessuna parte... fatto sta che Mayu è a un punto di svolta in cui si rende conto che non può continuare così, si rende conto che Arada è solo un guscio vuoto (episodio 11). A questo punto, perciò, si trova di fronte a una difficile scelta: sprofondare nel vuoto assieme al simulacro del suo idolo oppure fare un sacrificio ("sacri-ficio": rendere sacro un gesto di rinuncia). Sacrificio che, nella finzione dell'anime, è un ragazzo sconosciuto (ma stranamente simile ad Arada) mentre in metafora è proprio il sentimento per Arada! Solo abbandonando il suo sentimento malato per una persona che non la ricambierà mai lei potrà sperare di avere accanto una persona che non è un manichino. E Mayu, alla fine, questo lo capisce, ma non se la sente di lasciar andare Arada: preferisce sprofondare, tenendosi stretto il suo sentimento per lui.

Altro personaggio su cui spendere due parole è Nona. Nona non rappresenta il giudice interiore di un personaggio che non abbiamo visto: ella è un'altra parte del Sé di Chiyuki, una parte preesistente al sorgere della capacità di giudizio (infatti è già lì quando Decim nasce) e in un certo senso più "alta" rispetto al giudice interiore (infatti, all'inizio della serie, viene detto che lei risiede a un piano molto superiore in questa "torre dell'aldilà", che poi altro non è che una stratificazione della mente).

Nona è la spinta vitale di Chiyuki, la sua più grande risorsa interiore, è quella parte di Chiyuki più grintosa e combattiva, più intelligente, è colei che si arrischia a uscire dagli schemi, a sottrarsi alla vista di Oculus (episodio 12), cioè al giudizio (come fa Ulisse con Polifemo), è colei che capisce che la mossa giusta da fare per giungere alla verità è aiutare Decim ad acquisire sentimenti umani.

Ok, tutto chiaro, finora? Ah, inciso: vi siete domandati perché i giudici hanno gli occhi a croce? Vi dò un suggerimento:

;-)

Bhe, torniamo a noi. Cosa fa Chiyuki quando capisce pienamente che il sistema di valutazione della vita che ha adottato fino a quel momento non funziona più? È presto detto: scende al livello più basso della torre, cioè scende in profondità dentro sé stessa, alla ricerca dei propri valori e sentimenti più profondi, al di là di qualsiasi pregiudizio. Per poter fare questo, però, deve prima bere il cocktail "memento mori", cioè in metafora acquisire la piena consapevolezza che, come ogni essere umano, anch'ella dovrà un giorno morire (per davvero) e che quindi la vita ha un tempo limitato per essere vissuta. Tale consapevolezza porta alla conclusione che espone l'anziana signora prima di salire in ascensore: "Nel gioco della vecchia (in metafora, nel gioco della vita) chi finisce con ancora il jolly in mano perde. Il jolly (in metafora, la propria occasione di vivere) è la carta vincente, che senso ha tenerla in mano fino alla fine?". Solo con questa chiarezza Chiyuki riesce a guardare nella parte più profonda di sé.

E quando lo fa comprende due cose importanti: la prima è che lei non è sola al mondo e che comunicare con gli altri è possibile, cioè che esiste altro nel mondo oltre alla sua delusione; la seconda è che, proprio come Mayu, anche lei deve compiere un sacri-ficio per poter tornare a vivere. E questo sacrificio è doloroso e rischioso: è lasciar andare per sempre la propria vecchia vita. Chiyuki è sopraffatta dalla tristezza solo a pensarci, ma vuole assolutamente tornare a vivere e perciò chiede alla parte più fredda di sé (Decim) di farlo, di tagliare, di premere quel pulsante! Ed è allora che avviene una vera sospensione del giudizio, che Decim perde i suoi occhi a croce, che i preconcetti cadono e l'illusione che la ingabbiava si infrange, lasciando il posto alla realtà del mondo: un mondo (il suo vecchio mondo) ormai in rovina e dal quale adesso lei si può allontanare.

Chiyuki ce l'ha fatta, ha superato il momento di crisi e può reincarnarsi, cioè tornare alla vita.

Oh... ma quanto è bello Death Parade?!

martedì 17 gennaio 2023

Caponata Meccanica chiude!

Il mitico blog di Mauro Longo chiude i battenti, purtroppo. I suoi articoli sono stati raccolti su un altro portale, per fortuna, ma tutti i miei link al suo storico blog sarebbero da aggiornare e, non essendoci ancora una funzione di ricerca nel nuovo archivio, non sono riuscito a farlo di tutti. Se ne individuate qualcuno, segnalatemelo nei commenti, grazie!

https://www.ladimoragdr.it/caponata-meccanica/

venerdì 24 giugno 2022

L'articolo omnicomprensivo di Sikander

Recentemente ho letto questo articolo. Molto interessante, a mio avviso, e molto simile a quest'altro, che già mi aveva colpito in passato. Mi piacerebbe, a questo punto, stilare la mia personale classificazione, ma soprattutto esprimere le mie preferenze circa le diverse tipologie/culture di gdr. A premessa di tutto, però, credo di dover enunciare quali sono gli elementi/fattori che mi rendono piacevole o meno una sessione (ci ho pensato un po' prima di individuarli).

CIÒ CHE MI PIACE IN UN GDR: atmosfera/intrigo, libertà di scelta, sfida.

CIÒ CHE MAL SOPPORTO: lavoro di gruppo, chiedermi cosa devo fare.

Sì, mi rendo conto che affermare che non mi piace il lavoro di squadra in una attività come il giocare di ruolo, che è basata sulla collaborazione, è un po' una bestemmia, ma preferisco essere onesto e ammettere che sono un maledetto individualista. Probabilmente è per questo che ho sempre preferito il ruolo del master, ma non esageriamo: ci sono state anche tante occasioni in cui mi sono divertito come giocatore.

Detto ciò, passiamo alle classificazioni. Dal momento che i Neo-trad sono banalmente Tradizionali, Old School e Combat Rpg "fatti meglio" (ossia con un regolamento coerente) non li considero e li accorpo ad essi. Stesso discorso per gli Adventure Game, dal momento che sono Tradizionali con un regolamento light.

GDR GAMISTI


CLASSICO/COMBAT RPG:

Penso che John B dica il vero quando afferma che questa tipologia di gioco era quella del primo D&D, quantomeno negli intenti (anche se poi la vera realizzazione di un Combat Rpg è avvenuta solo con la 3e).

COSA NON MI PIACE: il crunch eccessivo (ho dei limiti; infatti preferisco di gran lunga la 5e alla 3e).

COSA MI PIACE: la sfida del combattimento tattico.

CONSIDERAZIONI:

1) la preparazione da zero di una (buona) avventura richiede molto/troppo tempo… speso a creare png e a bilanciare gli incontri;

2) se un tale regolamento viene utilizzato per una qualsivoglia forma di narrazione: A) la storia perde di importanza, B) si tratterà quasi sicuramente di una storia “sui binari” (data la difficoltà nell’improvvisare incontri interessanti e bilanciati), C) non si potranno proporre delle vere “sfide” ai giocatori, perché se i PG muoiono la storia è finita;

3) qualsiasi dungeon già pronto che sia un po’ interessante ed esaustivo è facilmente un manualone di non immediata lettura/consultazione, che ti devi studiare (con tutti i suoi bei numerilli) prima della partita e non al tavolo da gioco.

CONCLUSIONI: sì, ma solo per arene e dungeon (quando il master ha tempo di studiarseli).

OLD SCHOOL:

Anche qui, sposo le affermazioni di John B quando dice che i gdr OSR sono un revival romantico (un po’ come la letteratura cavalleresca). Non metto in dubbio che negli anni 70/80 si giocasse anche così, ma non certo intenzionalmente: penso che fosse un modo per tentare di superare sfide altrimenti impossibili.

COSA MI PIACE: l’esplorazione, il pericolo, l’elemento aleatorio.

COSA NON MI PIACE: dovermi inventare strategie assurde per superare una sfida, la lacunosità dei regolamenti (che se da un lato è necessaria per renderli leggeri, dall'altra costringe il master a decisioni un po’ troppo arbitrarie).

CONCLUSIONI: sì, ma non con qualsiasi regolamento e non a livello di difficoltà hard core, con sfide senza via di fuga.

GDR NARRATIVISTI


STORY GAME (NEW WAVE):

Negli Story Game si gioca a improvvisazione, ma con particolari regole di narrazione e specifiche linee guida su come improvvisare.

COSA MI PIACE: non sapere come evolverà la storia.

COSA NON MI PIACE: la difficoltà (per il master, se c’è un master, o per tutti se è masterless) nel seguire le linee guida.

CONSIDERAZIONI: Secondo me pochi riescono a giocarci come è scritto nei manuali, la maggior parte storpia (consapevolmente o meno) i regolamenti verso uno stile più o meno tradizionale.

CONCLUSIONI: alcuni sì, la maggior parte no, a seconda di quanto la bilancia tra difficoltosi e intriganti pende più da una parte che dall'altra.

TRADIZIONALE:

Nei gdr tradizionali si narra una storia, magari anche mettendo al centro gli OC (in fase di discussione pre-partita i giocatori possono inserire anche 1000 flag, non è quello il punto), ma comunque senza dover seguire delle regole di narrazione particolari. Li suddivido in quattro categorie, in base al livello di preparazione a monte da parte del master:

- RIGIDO: RAIL-ROADING

Storia già scritta, avventura sui binari dove l’unico compito dei giocatori è sbloccare il checkpoint successivo.

COSA NON MI PIACE: tutto.

COSA MI PIACE: niente.

CONSIDERAZIONI: più il regolamento è complesso (e spesso lo è), più mi sembra una presa per il culo.

CONCLUSIONI: decisamente no, anche se alle volte me la racconto.

- MEDIO: DIAGRAMMA DI FLUSSO

Una struttura tipo librogame, con scelte e diverse possibili risoluzioni degli eventi.

COSA MI PIACE: poter scegliere.

COSA NON MI PIACE: che quando ti si presenterà la prima scelta starai probabilmente già dormendo.

CONSIDERAZIONI: se è ampio è un lavoro sprecato (infatti non l'ho mai visto), se è minimale è un modo per rendere meno noioso il rail-roading... ammesso che i giocatori si rendano conto che ci sono delle vere scelte da poter fare!

CONCLUSIONI: puro è poco funzionale, misto (non al rail-roading, ma al prossimo che vi presento) è ok, anche perché “non di soli BANG vive il master” e alcune scelte sulla strada dei giocatori saranno per forza dicotomiche.

- MORBIDO: CANOVACCIO/SITUAZIONE DA RISOLVERE

http://lafaretra.blogspot.com/2015/08/moduli-avventura-canovaccio-vs-dettagli.html

MI PIACE: siiiii!!!

COSA NON MI PIACE: -

CONSIDERAZIONI: il mio stile preferito, ma non proprio facile da padroneggiare, anche per chi, come me, lo predilige e ha esperienza con gli Story Game. Le difficoltà:

1) scrivere un BUON canovaccio (raramente ne troverete in rete) è FONDAMENTALE (per intenderci, i classici generatori di avventura di Savage World non bastano);

2) il master deve avere la capacità di improvvisare BENE, quindi padroneggiare il framing (impostare e chiudere le scene) e avere fantasia;

3) serve un regolamento non complesso che il master ha sulla punta delle dita.

CONCLUSIONI: sì sì sì, ma consiglio di non usarlo "puro", bensì di inserire elementi da altri stili: mappe e tabelle dall'OSR (ed enigmi, se vi piace), stratagemmi e regole di narrazione preferite dagli Story Game (ad esempio io uso sempre “dì di sì o tira i dadi”, anche se non sono mai riuscito a finir di leggere Cani nella Vigna), scelte e previsioni di possibili linee d’azione dei pg dai Tradizionali più puri. Dico tutto questo perché, senza un po’ di preparazione, il rischio di scadere nella prossima tipologia è grande.

- SCIOLTO: FAI QUELLO CHE VUOI

Ovvero il master non si è preparato nulla, ma va a sentimento.

MI PIACEVA: quando non sapevo giocare.

NON MI PIACE PIU’: dalla prima volta che ho fatto una riflessione lucida su partite di questo tipo.

CONSIDERAZIONI: la sensazione di smarrimento, sia per il master sia per i giocatori, è quasi certa. La sensazione di essere in balia di una divinità capricciosa, per i giocatori, anche. A mio avviso questa è una modalità di gioco pessima che non può altro che produrre partite fallimentari. L'ho visto giocare una volta, freeform, tipo gioco dei bambini e… può piacere giusto a dei bimbiminka!

GDR SIMULAZIONISTI


NORDIC LARP:

L'interpretazione, croce e delizia dei roleplayer! Idealmente se stiamo raccontando una storia tutti assieme, tutti dovremmo contribuire a creare l'atmosfera. Ma in che modo, esattamente? Semplice: i giocatori contribuiscono calandosi nella parte. Tanto più ne escono, fanno digressioni, parlano di numeri, citano il regolamento, usano termini tecnici (nomi delle mosse e degli incantesimi) invece che descrivere quello che fanno, banchettano al tavolo da gioco, tanto più si percepisce che è tutto finto. Vorrei specificare che giocare il proprio personaggio in maniera coerente (cioè rispettare il proprio allineamento) non equivale a calarsi nella parte. E un altro fraintendimento comune sul “fare roleplay” è la convinzione che bisogna produrre chissà quale performance teatrale: stai “dentro” e sarà sufficiente. Scriviti qualche frase ricorrente del tuo pg, se ti aiuta. Se tutti, attorno a te, lo fanno, facilmente lo farai anche tu (viceversa, potrebbe andare tutto a puttane).

Il punto è che… potresti scoprire che ti vergogni, provare sensazioni inaspettate (piacevoli o spiacevoli), stancarti, scoprire che odi il tuo personaggio. Personalmente io trovo stancante una sessione immersiva che duri più di due ore, e ho messo una croce sopra a diverse tipologie di personaggi che, sulla carta, mi sembravano fighi da interpretare.

Un suggerimento? Provate, per cominciare, a giocare un’avventura farsesca. Sì, avete capito bene. Giocate, che ne so, a Brancalonia. Fare roleplay non significa “essere seri”. Giocare immersivamente a Cthulhu o a qualunque dei tanti dark fantasy in circolazione non è una buona iniziazione.

Detto ciò… ammetto di non aver mai provato un LARP né un gdr espressamente simulazionista, quindi:

MI PIACEREBBE: provare un gdr di questo tipo, sia carta-e-penna sia dal vivo.

TEMO CHE: lo troverei impegnativo.

CONSIDERAZIONI: senza scherzare, io credo che una sessione ben riuscita necessiti di un esperto di psicologia per un debriefing.

CONCLUSIONI: fare roleplay è parte del divertimento in un gdr, ma un gdr finalizzato a questo è più come un laboratorio teatrale o di psicologia, è una esperienza che va oltre la serata di gioco tra amici, a mio avviso. Comunque mi piacerebbe provare.

martedì 1 febbraio 2022

Compagni di gioco

Ho visto i primi 10 minuti di The Legend of Vox Machina, l'altro giorno; non sono riuscito a reggere di più. Sarò vecchio, ma certe premesse mi hanno proprio stufato! Il web è pieno zeppo di parodie di D&D, o meglio di riproduzioni della "parte più caricaturale" di una partita "media" al più famoso gdr del mondo e... non mi fanno più ridere. Anche perché non ho più voglia di giocare in quella modalità farsesca che è la modalità più comune con cui si gioca a D&D. E non ho più voglia di considerare come normali componenti di una storia l'anacronismo culturale, le quest, le sottoquest, gli avventurieri professionisti. In questo momento ho voglia di giocare storie che non assomiglino alla rappresentazione teatrale dilettantistica di un wargame (questo per spiegare la citazione del post precedente, estrapolata da una chat su un server discord a cui sono iscritto).

Negli ultimi due/tre anni ho giocato di ruolo soprattutto in play-by-chat asincrono. Ho scoperto che mi dà molte soddisfazioni, oltre ad essere compatibile con la mia attuale vita familiare. Ho avuto così occasione di giocare con molte persone diverse e... ho "toccato con mano" che ci sono giocatori con mi trovo meglio e altri con cui mi trovo peggio, a prescindere dal gioco a cui stiamo giocando. Che scoperta, direte voi! È naturale che ci siano persone con cui andiamo più d'accordo di altre, vero? Sì e no, vi replico io.
È una cosa differente dal "andare d'accordo". Io posso essere molto amico di Franco, ma magari detesto giocare con lui, perché a lui piace scatenare risse in taverna, accettare missioni a occhi chiusi da uno sconosciuto e coinvolgere villici innocenti in scaramucce contro i mostri. E a me no.
È come scrivere un racconto staffetta (cioè un racconto a più mani dove ci si alterna l'un l'altro): se lo fai con altri scrittori che hanno uno stile simile al tuo e "te la reggono", allora è divertente; se, invece, lo fai con scrittori con uno stile completamente differente dal tuo, che lasciano cadere o stravolgono le tue linee narrative per tirare acqua al proprio mulino, che vanno fuori tema, allora è solo una rottura di scatole!

Un'opinione su D&D

"A conti fatti, però, D&D è il sistema che puntualmente devia da quello che è un gioco di ruolo, spacciandosi per esso ma mascherando un wargame. Ci sono master e giocatori che, senza influenze esterne e leggendo solo il manuale, recepiscono praticamente solo la parte meccanica e non ruolistica."


"Perfettamente d'accordo su questo. Aggiungo, però, che per mia esperienza la maggior parte dei giocatori non cerca tanto l'interpretazione quanto una serata spensierata a base di cazzeggio. Giocare interpretativo è impegnativo e spesso richiede di mettersi in gioco: non a tutti piace."


domenica 12 settembre 2021

Il perfetto gdr tradizionale

Tra gli articoli che non ho mai finito di scrivere ce n’è uno intitolato “La perfetta preparazione di un gdr tradizionale”; che poi, a pensarci bene, è uno dei temi conduttori di questo blog. Non ho più il tempo di un tempo (ah ah) da dedicare a questo spazio virtuale, ma ho ancora una gran voglia di portarlo avanti, di portare avanti la mia “ricerca” sui gdr; perciò adesso ho intenzione di riscrivere quel vecchio articolo alla luce di tutte le “scoperte” fatte finora. Sarò sintetico, non spiegherò le premesse e lascerò sottintesi concetti che forse sottintesi non sono; sarò schematico fino a essere, forse, ermetico… me ne dispiace, ma non ho più il tempo di un tempo. Ma magari chi segue il mio blog mi capirà ugualmente, chi lo sa?


Il master

1) Scegli il regolamento sulla base del gruppo di gioco. Ad esempio non proporre D&D 3a edizione a un gruppo di 10 neofiti che pensano di concludere la campagna in tre sessioni. Doti da master necessarie: aderenza alla realtà, conoscenza dei regolamenti.

2) Scrivi o procurati un valido canovaccio-avventura per il tipo di regolamento scelto. Doti da master necessarie: se lo scrivi, creatività e tempo da dedicarci; se lo cerchi in rete, pazienza e tempo da dedicarci.

3) Comprendi che il gioco comincia dalla creazione delle schede: fornisci ai giocatori le premesse dell’avventura prima che creino i propri personaggi e veglia sulla loro creazione. Un chierico di campagna un po’ tonto, un malvagio necromante e una locandiera sexy che vengono incaricati da un re di compiere un’importante missione diplomatica non è un’avventura che dovrebbe essere giocata (a meno che non vi piaccia il farsesco). Doti da master necessarie: leadership carismatica (per impedire ai giocatori di creare un chierico tonto, un malvagio necromante e una sexy locandiera).

4) Improvvisa i dettagli (e solo quelli) durante la partita e divertiti nel vedere dove andrete a parare. Doti da master necessaire: memoria e buon senso nel rispondere ai giocatori, cioè immaginazione realistica.

5) Cerca di essere un buon regista: imposta la velocità di narrazione, decidi i tagli delle scene, rendi interessanti i png. Doti da master necessarie: brillantezza e visione cinematografica.

6) Impara il regolamento e la trama dell’avventura in maniera sufficiente da non incartarti al tavolo da gioco tra manuali e fogli volanti. Doti da master necessarie: memoria, organizzazione mentale.

7) Sii un buon conduttore del gruppo: cerca di coinvolgere tutti, non aver paura a chiedere l’aiuto dei giocatori, condividi l’autorità narrativa nelle giuste occasioni. Doti da master necessarie: nozioni base di psicologia sociale.


Il giocatore

1)  Comprendi che il gioco comincia dalla creazione delle schede: chiedi al master quali sono le premesse dell’avventura e mettiti d'accordo con gli altri giocatori per la creazione di un gruppo adatto a tali premesse. Doti da player necessarie: desiderio di fare gioco di squadra.

2) Presta attenzione al gioco, interessati, non ingozzarti di cibo durante la partita e non trastullarti con il bricolage. Doti da player necessarie: reale interesse per il gioco.

3) Impara le regole (anche durante la partita va bene): non chiedere come si tira l’iniziativa dopo che avete già combattuto dieci volte! Doti da player necessarie: reale interesse per il gioco e un QI nella norma.

4) Tieni in ordine la scheda del tuo personaggio: cancella le risorse man mano che le utilizzi, scriviti gli oggetti che raccogli, non riempire tutti i campi della scheda con mandala e vignette umoristiche. Doti da player necessarie: mentalità da ragioniere, autismo. Doti da player superflue: velleità artistiche.

5) Gioca con coerenza: usa l’evidenziatore sui campi “allineamento morale” e “tratti di personalità”. Doti da player necessarie: buon senso, assenza di disturbi psico-sociali.

6) Fai gioco di squadra; non tra personaggi, ma tra giocatori (compreso il master), per Giove! Stiamo giocando assieme, è chiaro? Tutti devono contribuire alla buona riuscita della partita. Doti da player necessarie: capacità di fare gioco di squadra, assenza di narcisismo patologico, un minimo di maturità.


Se fosse necessario spiegarlo, non sono stato particolarmente serio stavolta, ok? ;-)